giovedì 23 giugno 2016

SALVATORE QUASIMODO

Biografia: Salvatore Quasimodo

Biografia:
Nacque a Modica (Ragusa) nel 1901 e trascorse la sua infanzia in vari paesi della Sicilia dove via via s’era trasferito il padre che faceva il capostazione. Dal 1919 al 1926 visse a Roma per frequentare il Politecnico e laurearsi in ingegnerie, ma le ristrettezze economiche egli interessi per le lingue latina e greca lo dissuasero presto da quel tipo di studi. Nel 1926 si impiegò presso il Genio Civile di Reggio Calabria e nel 1929, trasferito a Firenze, fu introdotto da suo cognato Elio Vittorini, nell'ambiente letterario della rivista Solaria dove conobbe Montale, La Pira, Loria… e cominciò le sue pubblicazioni poetiche. Nel 1930 pubblicò la sua prima raccolta di versi Acque e Terre e nel ’32, trasferito a Genova, pubblicò Oboe Sommerso. Nel ’34 il poeta era a Milano, accolto nell'ambiente culturale milanese, e lasciato l’impiego al Genio civile si dedicò completamente alla poesia. Nel 1940 pubblicò la sua mirabile traduzione dei Lirici Greci ottenendo tali consensi che nel 1941 per chiara fama fu chiamato a insegnare letteratura italiana al Conservatorio. Intanto, scoppiata la seconda guerra mondiale, il poeta ne fu profondamente sconvolto e maturò l’idea che la poesia dovesse uscire dalla sfera aristocratica del privato per interessarsi alle problematiche sociali e civili, intenta a rifare l’uomo abbrutito dagli orrori della guerra. Questo impegno si riscontra in tutte le successive raccolte poetiche di Quasimodo: Giorno dopo giorno (1947), La vita non è sogno (1949), La terra impareggiabile (1958). Nel 1959 gli fu attribuito il premio Nobel per la letteratura. Morì a Napoli nel 1968.

Le idee e la poetica
L’esperienza poetica di Quasimodo si può suddividere in tre tappe essenziali.

La prima è rappresentata dalle poesie improntate ai modelli più illustri del tempo, dal Pascoli ai simbolisti, dal D’Annunzio ai crepuscolari.
Temi salienti:
- l’amore per la terra siciliana
- la malinconia
- il ricordo dell’infanzia
Sono sentimenti che il poeta lascia sgorgare dall'animo con sincera effusione, ma con linguaggio sobrio.

La seconda ha come esperienza essenziale l’ermetismo; nelle liriche di questo periodo prevale la scelta formale (lo studio della parola porta ad una poesia pura e intensa). Siamo negli anni dell’appassionato studio dei lirici greci e l’esercizio sulle lingue classiche permette a Quasimodo di conciliare le esigenze della nuova poetica con il costante impegno di chiarezza.

La terza tappa si può considerare quella che scaturisce dalla dolorosa esperienza della guerra. In quello sconquasso la poesia non può rimanere nel suo idillico isolamento, ma deve farsi interprete dell’uomo, acquistare concretezza e coscienza. Quasimodo si impegna in una poesia nuova che manifesta l’aberrazione per la guerra e l’ansia di rifare l’uomo, ridandogli le sue illusioni e la fiducia nel futuro.
Purtroppo, in questa ultima fase, la poesia di Quasimodo, nell'impegno di diventare incisiva, decade spesso in una certa magniloquenza declamatoria.


I RITORNI
di Salvatore Quasimodo


Piazza Navona, a notte, sui sedili
stavo supino in cerca della quiete,
e gli occhi con rette e volute di spirali
univano le stelle,
le stesse che seguivo da bambino
disteso sui ciottoli dei Platani
sillabando al buio le preghiere.

Sotto il capo incrociavo le mie mani
e ricordavo i ritorni:
odore di frutta che secca sui graticci,
di violaciocca, di zenzero, di spigo;
quando pensavo di leggerti, ma piano,
(io e te, mamma, in un angolo in penombra)
la parabola del prodigo,
che mi seguiva sempre nei silenzi
come un ritmo che s'apra ad ogni passo
senza volerlo.
Ma ai morti non è dato di tornare,
e non c'è tempo nemmeno per la madre
quando chiama la strada,
e ripartivo, chiuso nella notte
come uno che tema all'alba di restare .

E la strada mi dava le canzoni,
che sanno di grano che gonfia nelle spighe,
del fiore che imbianca gli uliveti
tra l'azzurro del lino e le giunchiglie ;
risonanze nei vortici di polvere,
cantilene d'uomini e cigolio di traini
con le lanterne che oscillano sparute
ed hanno appena il chiaro di una lucciola.





















Angioletto